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Home News Attività in Terra Santa La Siria e il dramma della guerra, l’arcivescovo di Aleppo: “Non si possono allontanare i cristiani dall’Oriente”

26/08/2020
La Siria e il dramma della guerra, l’arcivescovo di Aleppo: “Non si possono allontanare i cristiani dall’Oriente”
Monsignor Joseph Tobji racconta la situazione del Paese mediorientale con le responsabilitĂ  politiche, la persecuzione dei cristiani e i segni di speranza per il futuro

Mons. Joseph Tobji «Il mio maestro mi ha insegnato a volerti bene». «Chi è il tuo maestro?». «Gesù. Ci ha insegnato a volere bene ai nostri nemici». «Vai via, non voglio più vederti». Monsignor Joseph Tobji, arcivescovo maronita di Aleppo, racconta l’incontro tra un suo parrocchiano, un professore di filosofia di lingua araba, e l’Emiro. L’anziano signore venne rapito e picchiato dai militanti jihadisti perché, dopo la partenza dei figli, gestiva un negozio di alcolici. Ma al cospetto dei suoi persecutori non rinnegò Cristo e grazie alla sua fede si salvò. Monsignor Tobji è nato nella città siriana, lì ha fatto prima il parroco e poi il Vescovo. Non ha mai abbandonato il suo gregge, malgrado lo Stato Islamico avesse abbattuto la sua cattedrale e avesse sequestrato i suoi fedeli e i suoi sacerdoti. Nella sua giurisdizione ci sono anche le zone più colpite di Hassaké, Idlib, Deir ez-Zor e Raqqa. In un’intervista ha raccontato l’esperienza della guerra, di ieri e di oggi, alla Fondazione E.U.K. Mamie delle Serve del Focolare della Madre.

Avete vissuto e state vivendo dei momenti molto difficili ma siete rimasti con il vostro gregge.

«Quando la guerra era molto feroce, sono rimasto con il nostro popolo. Non avevamo acqua perché il 70% di Aleppo era nelle mani dei gruppi jihadisti. Un bicchiere d’acqua era un sogno. Che umiliazione… Per sei anni non abbiamo avuto la corrente elettrica se non con i generatori che costano. Oggi c’è l’acqua, mentre la corrente va ad ore. Il gas e la benzina non ci sono… I malati distruggono il cuore, perché la gente si è impoverita e per sottoporsi a un intervento chirurgico servono cifre astronomiche. La Chiesa grazie ai fratelli nel mondo ci aiuta a sostenere gli ammalati, i contratti di affitto, la formazione scolastica. La gente bussa alla porta al Vescovo che in Oriente è il capo sociale. Grazie al Signore cerchiamo di fare il nostro meglio, ma non possiamo risolvere tutti i problemi».

Nonostante le difficoltà non sono però venute meno le funzioni religiose…

«Quando Aleppo è stata liberata, dieci giorni prima del Natale 2016, abbiamo celebrato sotto la neve a cielo aperto nei ruderi della Cattedrale. Le persone entravano e piangevano… Quando ho posato il Bambino Gesù nel presepe anch’io non sono riuscito a trattenere le lacrime. Era un segno di speranza. Noi maroniti dal 2012 non celebriamo in Cattedrale e nelle nostre chiese distrutte. Le messe itineranti, anche nei condomini, non si sono però mai fermate. Lo stesso vale per le ore di adorazione. La preghiera ci ha sostenuto. Oggi ci stiamo dimenticando purtroppo di quello che abbiamo vissuto e del Signore».

Il sangue dei martiri scorre ancora?

«Non c’è stata una vera persecuzione dei nostri fedeli nei quartieri cristiani. I più perseguitati si trovano nella zona Nord-Est del Paese dove oggi ancora si combatte. Lì 30 villaggi sono stati svuotati. Parlavamo degli antichi martiri e invece è successo anche a noi. Il martirio è una cosa attuale. Lì uno sperimenta la sua fede. Non c’è soltanto l’Isis. Ci sono mille denominazioni con lo stesso ideale fanatico».

Che futuro si aspetta?

«Prima o poi finiranno gli attacchi. Questi terroristi sono creati dalle forze internazionali. Sono uno strumento nelle mani di altri. Ci sono molti mercenari che hanno subito un lavaggio del cervello e che sono convinti di difendere Dio come se Dio avesse bisogno di essere difeso proprio dagli uomini».


E per i cristiani?
«Speriamo che non si spenga la luce per sempre. Noi dobbiamo essere luce in questo mondo».


Cosa ha imparato da questa situazione?

«Ho imparato che tutto è vano. Noi corriamo dietro a mille cose, ci affanniamo ma poi è tutta una “buccia”. Un ricco che ha una casa piena d’oro ma non ha una goccia d’acqua cosa fa? Solo il Signore conta. La seconda lezione è la conversione quotidiana. Quando esco di casa senza sapere se posso ritornare, mi preparo ogni giorno all’altra vita. La speranza è l’ancora alla quale attaccarsi. Molte volte ci manca proprio la speranza: lavoriamo ma non sappiamo il motivo… Purtroppo non hanno, però, imparato tutti».

Qual è l’invito per i cristiani che sono in Occidente?

«Ai nostri fratelli che vivono in pace chiedo di non fare come dice il Salmo 49 (“L’uomo nella prosperità non capisce”). La prosperità ci toglie la sensibilità verso Dio e verso gli altri. La voglia di avere non finisce mai e colpisce anche i bambini. Nella povertà si vede il Dio diventato povero per noi. Pensate davvero ai vostri fratelli in Oriente. La Chiesa ha due polmoni: uno, grande, in Occidente e uno, piccolo, in Oriente. Il polmone in Oriente sta diventando sempre più piccolo. Qui c’è il buio, ma il Signore può fare tutto. Abbiamo bisogno di preghiere e di sostegno materiale. Non possiamo allontanare i cristiani dall’Oriente. Pensiamo a farli stare bene qui dove sono nati».

PUBBLICATO IL
25 Agosto 2020

Autore: la stampa.it - LUCIANO ZANARDINI