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02/02/2015
Sulla via di Betlemme e di Gerusalemme
S.E. Mons. Claudio Maniago e la Delegazione di Castellaneta del S. Sepolcro incontrano il Patriarca e le Comunità arabo cristiane di Terra Santa.
Nei drammatici giorni della Striscia di Gaza è giunto disperato fino a noi il grido del popolo arabo cristiano di Palestina, che ha scosso la nostra coscienza di appartenenti all’Ordine del S. Sepolcro. Non potevamo rimanere indifferenti dinanzi al grido di dolore di quel popolo e di quella terra, che fu dei Patriarchi e dei Profeti, perchè noi cristiani d’Occidente abbiamo un impagabile debito di gratitudine da oltre 2000 anni.
In quella terra Dio ha scelto di manifestarsi all’umanità , lì sono le radici della nostra fede e della nostra civiltà , lì è nata la prima comunità di cristiani, da quei lidi sono partiti gli apostoli per annunciare la Parola di Dio al mondo pagano d’Occidente. La Delegazione del Santo Sepolcro di Castellaneta ha prontamente risposto all’emergenza con un segno concreto di € 5.000,00 destinati alla Parrocchia di Gaza.
In quei giorni è anche affiorata, tra qualche paura, l’idea di incontrare le Comunità di Terra Santa per portare conforto ai fratelli cristiani, bisognosi non solo di un aiuto economico, ma ancor di più di un sorriso, di una stretta di mano, di un abbraccio, di una parola amica. Così un gruppo di coraggiosi cavalieri guidato da S.E. mons. Claudio Maniago è partito non per visitare i simboli sacri della cristianità , ma per incontrare i simboli viventi di quella stirpe prediletta dal Signore.
Sapevamo già dai racconti di abuna Mario Cornioli, segretario del Patriarca per l’Italia e nostro carissimo amico, che dopo i tristi eventi della Striscia di Gaza le strade per i Luoghi Santi erano quasi deserte, che in Patriarcato si vedevano pochi gruppi di Cavalieri dell’Ordine, che le case di accoglienza per i pellegrini erano chiuse per mancanza di richiesta. Della testimonianza di abuna Mario ci siamo resi subito conto già all’inizio del nostro viaggio quando all’imbarco a Fiumicino abbiamo visto moltissimi posti vuoti sull’aereo e allo stesso modo in aeroporto a Tel Aviv c’era pochissima gente rispetto ai nostri precedenti pellegrinaggi.
A Tel Aviv fuori dall’aeroporto ci aspettava con il pulmino del seminario abuna Mario, nostra guida per tutto il viaggio. Giunti in prossimità di Betlemme siamo stati testimoni di due episodi che ci hanno fatto toccare con mano la dura realtà della tensione israelo palestinese, episodi che sfuggono all’itinerario tradizionale del pellegrinaggio. Nonostante il buio della sera la nostra attenzione è stata attirata da una scena mortificante. Un gruppo di palestinesi, in fila indiana e con passo lento e stanco, si muoveva lungo un sentiero sterrato oltre la cortina di filo spinato per far ritorno a casa. La scena di questo film impietoso si ripete crudelmente tutti i giorni dell’anno per andare e ritornare dal lavoro. Poco più tardi, arrivati a ridosso del checkpoint che consente l’accesso delle auto a Betlemme, abbiamo assistito alla scena dei militari che chiudevano il portone di frontiera davanti ai nostri occhi. Istintivamente abuna Mario, alla guida del pulmino, ha accelerato nel tentativo di attirare l’attenzione dei militari per entrare a Betlemme, ma, quando i militari israeliani incuranti del tentativo hanno chiuso il portone, ha dovuto deviare su un altro percorso ritardando di quasi mezz’ora il nostro arrivo in albergo.
Giunti finalmente a Betlemme ci attendevano momenti di tutt’altro respiro, questa volta di natura balsamica per lo spirito. Dopo aver disfatto le valige, abuna Mario ci ha condotti alla Casa dei Bambini Gesù, una casa di accoglienza per bambini disabili della Cisgiordania con storie drammatiche alle spalle. Qui abbiamo respirato aria di Vangelo, profumata dalla santità delle eroine dal nome singolare (pensate una si chiama Gesù e un’altra Cristo), suore argentine giovani e carine, due aggettivi che fanno capire la grandezza della loro scelta di vivere il Vangelo nella terra del Signore. Ci siamo sentiti piccoli dinanzi a tanto stato di grazia, alla loro disarmante serenità , al loro eroismo perché durante la nostra pur breve visita ci siamo trovati quasi in un campo di battaglia tra gli schiamazzi e la vitalità difficilmente gestibile dei bambini.
La serata si è conclusa con la Celebrazione Eucaristica nella Cappella delle suore e poi tutti a cena a Casa Nova dei francescani dove abbiamo incontrato padre Ibrahim, il frate francescano noto alle cronache di tutto il mondo per aver vissuto e partecipato alle dure vicende del conflitto tra Israeliani e Palestinesi durante l’assedio armato alla Basilica della Natività di Betlemme nel 2002.
Venerdì mattina, dopo una lunga e rilassante passeggiata per le strade della città vecchia di Betlemme e a diretto contatto con la gente del luogo, ci siamo recati a Gerusalemme nel Patriarcato latino per incontrare Sua Beatitudine.
Inizialmente l’appuntamento era stato fissato per le 9:00 di venerdì, ma Sua Beatitudine all’ultimo momento ci ha voluto fare un inaspettato quanto graditissimo regalo. L’incontro si è svolto alle ore 12:00 nel salone patriarcale in un clima particolarmente cordiale quasi fosse un incontro di famiglia e tale è stato soprattutto dopo, quando ci ha ospitati a pranzo nel refettorio della sede patriarcale. Abbiamo pranzato, con menù italiano, insieme a sacerdoti di altre nazionalità . Non è finita qui, perché dopo il pranzo il Patriarca non ci ha congedati, ma ha continuato a stupirci ospitandoci in un comodo salotto e conversando a lungo con noi. Era evidente la sua gioia di incontrare l’affetto di amici lontani e ha molto apprezzato la finalità del nostro viaggio. Nel salutarci ci ha invitati a ritornare e a farci portavoce presso gli altri di questo suo appello e di tutta la Comunità cristiana di Terra Santa.
Di rientro in Palestina ci siamo trasferiti alle 15:30 nella campagna di Beit Jala, un piccolo paese vicino Betlemme, dove, circondati dagli ulivi e immersi in un mistico silenzio, S.E. il Vescovo ha celebrato insieme ad abuna Mario la S. Messa. Insieme a noi c’erano le suore e i bambini della casa di accoglienza, alcuni volontari italiani dell’Unitalsi e altri cristiani di Beit Jala accompagnati dal parroco, un momento di preghiera che si ripete da anni per scongiurare la minaccia del governo israeliano di costruire un altro muro della vergogna.
Alle 17:30 tutti insieme, con la corona del rosario in mano, al Muro di cemento proprio vicino al punto di confine per accedere a Gerusalemme controllato dai soldati armati israeliani. Essere lì al buio, sotto il muro guardati a vista dai militari, in quel punto critico che divide le due città , in una situazione dove basta poco per una reazione dei militari, metteva addosso un po’ di paura. Eravamo in tutto poco più di venti, compreso un gruppo di stranieri, alcune suore italiane e la signora Clemence, musulmana palestinese, che abita in un casolare a pochi metri dal muro e a cui hanno lasciato pochi alberi di ulivi, non più sufficienti per tirare avanti. A passo lento abbiamo iniziato la recita dei misteri del Santo Rosario lungo il muro. Ogni mistero era recitato a turno nella lingua dei partecipanti, compreso l’arabo della signora Clemence. Un appuntamento di intensa spiritualità e solidarietà che faceva venire in quel contesto la pelle d’oca. La sfida pacifica e coraggiosa in difesa della pace e della dignità del popolo palestinese si ripete tutti i venerdì dell’anno alle 17:30 nello stesso luogo senza darsi appuntamento.
Il sabato alle 5:00, dopo essere stati svegliati come ogni mattina dalla preghiera a tutto volume del muezzin della moschea posta a ridosso dell’albergo, ci siamo recati a piedi nella vicina Basilica della Natività per la S. Messa celebrata da S.E. mons. Maniago nella grotta. Eravamo in 6 e pochi altri fedeli. Il Vescovo ha voluto che fossimo al suo fianco durante la celebrazione in uno spazio angusto che a mala pena riusciva a contenere tutti. L’altare è ubicato nella piccola grotta della mangiatoia leggermente affossata in prossimità della stella, che ricorda il luogo della nascita di Gesù. In quella privilegiata intimità , abbiamo rivissuto con emozione la Notte Santa.
Il resto della giornata è stato dedicato a Gerusalemme: il Getsemani, il Santo Sepolcro, il Patriarcato Armeno dove abbiamo partecipato al rito suggestivo della recita dei vespri e visitato tutto il quartiere armeno, una cittadella nella città , la Chiesa di San Marco del Patriarcato Siriaco, dove secondo la Chiesa Siriaca è avvenuta l’Ultima Cena e dove abbiamo ascoltato il Padre Nostro cantato in lingua aramaica, la lingua di Gesù.
La domenica mattina, confortati da un sole splendente e caldo, ci siamo avviati col nostro pulmino al seminario di Beit Jala, accolti festosamente dal rettore e dai tanti seminaristi delle scuole secondarie, superiori e di teologia.
Alle 10:00 S.E. mons. Maniago ha presieduto e concelebrato la S. Messa nella adiacente Parrocchia dell’Annunciazione, gremita all’inverosimile di fedeli, che hanno partecipato alle preghiere e ai canti con trasporto di fede e a pieni polmoni. E’ stato un giorno di vera festa come da noi nel giorno del Santo Patrono. A fine messa sul sagrato della chiesa abbiamo scambiato sguardi e sorrisi e anche chiacchierato con alcuni palestinesi che conoscevano l’italiano.
Questo è stato il senso della nostra visita: incontrare le Comunità cristiane e condividere la gioia della fraternità .
Non è molto, ma a loro ha dato tanta gioia e tanto coraggio.
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